Immigrati a Ventimiglia che cercano di varcare il confine con la Francia |
Stiamo parlando dell'inferno dantesco o dei mondiali di calcio? Probabilmente di tutte e due le cose.
Già, perchè per gli immigrati,checchè se ne dica, di inferno si tratta: scappano da un luogo di estrema povertà e criminalità (chi non lo farebbe?), spendono tutti i loro risparmi per un viaggio col "barcone della speranza" (una baracca sovraffollata) e, se gli va bene, arrivano sulle coste di un paese a loro ostile, che li tiene in un regime di semi-detenzione (a cielo aperto), senza nutrirli adeguatamente. Tutto questo in attesa di essere riportati da dove sono partiti. Una pena in pieno stile dantesco insomma.
Per l'Italia invece si tratta più di un girone dei mondiali che dell'inferno. Infatti il governo sta giocando contemporaneamente tre partite: una contro la Tunisia, una contro la Francia e una contro l'Europa."E la Libia?" -direte giustamente- No, quella è una guerra, non una partita.
Prima di vedere cosa succede sui campi cerchiamo di capire meglio chi e quante sono le persone che ogni giorno sbarcano a Lampedusa.
I numeri- Le cifre che ha dato il ministro Maroni (07/04) parlano di 25.867 persone (390 sbarchi) dal primo Gennaio. Di questi 21.000 circa provengono dalla Tunisia e dovrebbero essere quasi totalmente tunisini, immigrati per motivi economici e, come tali, senza requisiti per restare nel nostro paese.
Invece altri 2.310 circa provengono dalla Libia ma sono tutti somali ed eritrei, ovvero profughi in fuga dalle guerre in corso nei rispettivi paesi di provenienza che, secondo i trattati internazionali, devono essere ospitati dall'Italia.
Italia-Tunisia- L'Italia ha schierato le tre punte (Berlusconi, Maroni e Frattini) a Tunisi per negoziare col governo provvisorio (ricordate la cacciata del dittatore Ben Alì di qualche mese fa?) un accordo che arginasse gli sbarchi e consentisse il rimpatrio di coloro che a Lampedusa sono già sbarcati. Niente da fare, un ovvio 2 a 0 per la Tunisia.
Ovvio perchè, anche dopo la rivoluzione, nel paese nordafricano la situazione resta tesa e pure il governo provvisorio cammina sui tizzoni ardenti. Come pensate che la prenderebbe la popolazione se la polizia tunisina cominciasse a pattugliare le coste per impedire la partenza a coloro che vogliono tentare la fortuna all'estero o, peggio ancora, accettassero il rimpatrio di coloro che sono già riusciti a sbarcare nell'Europa dorata?
Per decenni Ben Alì ha condannato gli scafisti a 30 anni di prigione e chi tentava di partire a 3. Ora, dopo tanti anni, si respira aria di democrazia e nessuno impedirà ai tunisini di partire per cercare la felicità altrove.
Italia-Francia- Altra partita in corso è quella contro la Francia. Che c'entra la Francia? Semplice, la Tunisia, come altri paesi del nordafrica, nel '900 era una colonia francese e ancora oggi molti tunisini parlano correntemente il francese, motivo per cui in Francia avrebbero una base di partenza più solida. Il problema è che i transalpini si difendono con un catenaccio difficile da superare: tutti gli immigrati che arrivano alla frontiera vengono respinti.
Il governo italiano perciò ha avuto la brillante idea di consegnare un permesso di soggiorno temporaneo per consentire a coloro che lo desiderano di di attraversare la frontiera liberamente, secondo il trattato di Schengen (firmato nel 1995 dai paesi dell'UE) sulla libera circolazione di cittadini tra i paesi dell'unione.
Dall'altra parte delle Alpi ci rispondono, giustamente, che il trattato di Schengen vale solo per i cittadini dell'unione con un permesso di soggiorno a lungo termine e in più ci ricordano che nel 1997 (ovvero dopo Schengen) i nostri due paesi firmarono a Chambéry un trattato sulla restituzione degli immigrati irregolari.
Niente da fare neanche su questo versante, una difesa impenetrabile.
Italia-Europa- La terza partita è anche la più difficile, perchè l'Europa più che un avversario è un arbitro apparentemente ostile. La debolezza dell'Unione Europea si vede su questioni come questa: non esiste una linea comune da adottare, ogni stato è libero di comportarsi come crede. Perciò l'Italia, dopo aver detto "no" più volte alle richieste di aiuto altrui (ricordiamo in primis proprio i francesi che chiesero aiuto sulla questione dei romeni), si trova per una volta dall'altra parte del tavolo e nessuno ovviamente si offre di ricambiare un favore mai fatto.
E poi, siamo sicuri che di emergenza così ingestibile si tratti? Nel '99 arrivarono 50.000 profughi della guerra nel Kosovo e riuscimmo a gestirli benissimo. Ad oggi si tratta di un numero grande la metà.
Inoltre se andiamo a vedere a quanti profughi stanno dando rifugio gli altri tre grandi paesi del continente rispetto a noi, scopriamo che la Germania ospita circa 294.000 rifugiati di guerra, la Francia 196.000, la Gran Bretagna 269.000, mentre noi solo 55.000.
Infine da Bruxelles ci fanno notare come l'Italia, nell' ultimo anno, è stata tra i paesi che ha ricevuto il minor numero di richieste di asilo: 30 richiedenti per milione di abitanti, contro i 610 del Belgio, i 915 della Svezia, i 720 di Cipro, i 370 del Lussemburgo e dell' Austria e una media europea di 130.
L'addio di Mussa Kussa, ministro degli Esteri e uomo chiave del regime, e dell'ambasciatore della Libia all'Onu, sembra l'inizio di un esodo di massa nella cerchia dei fedeli di Gheddafi. Kussa è volato nella nottata di ieri a Londra, insieme a consistenti faldoni di documenti segreti. La sua defezione, assieme a quelle, attese, di altri nomi eccellenti, e l'arrivo a Roma del rappresentante degli insorti sono elementi che lasciano intravedere la creazione di una nuova rete diplomatica per la Libia. E soprattutto di uno strumento in più per ottenere la resa di Gheddafi. Nel frattempo però, anche se privato di preziosi collaboratori, Gheddafi approfitta della pausa dei bombardamenti nato per respingere i ribelli da Sirte, sua città natale e roccaforte, fino a Bengasi. Il rapporto di forze resta infatti ancora impari, e i ribelli invocano a gran voce l'aiuto dei bombardamenti tattici degli occidentali. Ma fanno sapere che, anche senza di essi, continueranno a combattere lo stesso per il loro intento di libertà. Fino alla morte.
DAMASCO-Il presidente siriano Bashar al Assad ha creato un comitato giuridico per studiare l'abolizione dello stato di emergenza, in vigore dal 1963. L'abrogazione delle leggi speciali imposte quasi mezzo secolo fa infatti, è in cima alle rivendicazioni dei dimostranti, da settimane protagonisti di una mobilitazione senza precedenti contro il regime al potere da 48 anni.Ma cosa comporta, per far infuriare cosi tantola gente, questo stato d'emergenza?
La legge, entrata in vigore con l'avvento del Baath, regola il funzionamento dei tribunali speciali, consente alle forze dell'ordine di fermare eventuali presunti dissidenti e di convalidare il loro fermo sulla base di accuse come "attentato alla sicurezza dello Stato", "contatti con parti straniere", "diffusione di informazioni false per danneggiare l'immagine della nazione". Insomma, se qualcuno dice o fa qualcosa che non piace al governo, può essere imprigionato con una delle seguenti accuse. Una dittatura da manuale.
Comunemente verdi
Un comune su otto in Italia è autosufficiente dal punto di vista elettrico grazie a sole, vento, biomasse e geotermia; a Lecce si produce più elettricità verde di Friburgo, la celebrata capitale tedesca del fotovoltaico; nel 94% dei municipi italiani è presente ormai almeno un impianto rinnovabile. Accusate di essere troppo costose, marginali e inaffidabili, le fonti verdi si prendono la loro rivincita e lo fanno con "Comuni Rinnovabili 2011", il dossier di Legambiente che fotografa la diffusione delle micro centrali ad energia alternativa sul territorio nazionale.Questa si dimostra essere la migliore risposta a chi continua a sostenere che il contributo delle fonti rinnovabili sarà comunque marginale nel futuro del Paese. In un momento di dubbie decisioni sul nucleare, un altro punto viene messo a favore delle rinnnovabili, confermandosi sempre più come principali fonti di enegia e non alternative.
Stato d'emergenza senza conflitti, o quasi
Bashar al Assad |
La legge, entrata in vigore con l'avvento del Baath, regola il funzionamento dei tribunali speciali, consente alle forze dell'ordine di fermare eventuali presunti dissidenti e di convalidare il loro fermo sulla base di accuse come "attentato alla sicurezza dello Stato", "contatti con parti straniere", "diffusione di informazioni false per danneggiare l'immagine della nazione". Insomma, se qualcuno dice o fa qualcosa che non piace al governo, può essere imprigionato con una delle seguenti accuse. Una dittatura da manuale.
Un comune su otto in Italia è autosufficiente dal punto di vista elettrico grazie a sole, vento, biomasse e geotermia; a Lecce si produce più elettricità verde di Friburgo, la celebrata capitale tedesca del fotovoltaico; nel 94% dei municipi italiani è presente ormai almeno un impianto rinnovabile. Accusate di essere troppo costose, marginali e inaffidabili, le fonti verdi si prendono la loro rivincita e lo fanno con "Comuni Rinnovabili 2011", il dossier di Legambiente che fotografa la diffusione delle micro centrali ad energia alternativa sul territorio nazionale.Questa si dimostra essere la migliore risposta a chi continua a sostenere che il contributo delle fonti rinnovabili sarà comunque marginale nel futuro del Paese. In un momento di dubbie decisioni sul nucleare, un altro punto viene messo a favore delle rinnnovabili, confermandosi sempre più come principali fonti di enegia e non alternative.
E' iniziata ieri l'operazione "Odissey Dawn" (tradotta "l'alba dell'Odissea") che apre ufficialmente le operazioni militari per stabilire una no-fly zone in Libia, dopo il parere positivo dell'ONU.
La "coalizione di volenterosi" è formata da Usa, Francia, Spagna, Inghilterra, Italia e Canada.
L'obiettivo di una no-fly zone non è l'attacco diretto alle forze di Gheddafi, ma bombardamenti tattici per evitare attacchi ai civili e il decollo di aerei che bombarderebbero le città dei rivoltosi, imponendo di fatto lo sgombero dei cieli sopra la Libia.
Il pericolo è che un intervento poco deciso della coalizione possa solo creare una situazione di stallo, preambolo ad una lunga guerra che potrebbe tenere in scacco il Mediterraneo per molto tempo, proprio come nell'Iliade (giusto per restare in tema epico).
Timori infondati? Ovviamente no e il passato fa da maestro: in Iraq fu in vigore una quasi inutile no-fly zone per quasi 12 anni, tra il 1992 e il 2003. Vi ricordate come finì? Esatto, gli americani trovarono un pretesto infondato (accusarono il regime di possedere armi chimiche, mai ritrovate) per un'invasione di terra che muovesse le acque, ormai conosciuta come "guerra d'Iraq"
Forze in gioco- Sentiamo il nostro esperto militare Luca "Raf" Locatelli per capire meglio chi e cosa si aggira nelle acque del Mediterraneo, ma soprattutto cosa sono in grado di fare:
"Dopo il passaggio della risoluzione UN 1973 gli stati promotori della No-Fly Zone sulla Libia si sono riuniti in un vertice a Parigi. Dal vertice all’attacco francese sono passate un paio d’ore. L’Armèe De l’Air ha dato il via all’offensiva con un Dassault Rafale, obbiettivo del caccia i mezzi corazzati del regime di Tripoli che stavano entrando a Bengasi.
Un missile Tomahawk |
L ‘Us Navy dichiara di aver schierato 3 sottomarini d’attacco nel Mediterraneo, 2 cacciatorpedineri e nelle vicinanze incorcia la portaerei nucleare USS Enterprise. Il Ministro della Difesa La Russa afferma intanto che "noi abbiamo gia' messo a disposizione le basi e, se necessario, sono disponibili gli aerei', in particolare '4 Tornado con capacita' di distruggere radar e postazioni missilistiche(il Tornado ECR è stato sviluppato appositamente per il ruolo SEAD (Suppression of Enemy Air Defences)e 6 caccia intercettori, pronti ad alzarsi in volo in 15 minuti". Inoltre rassicura dicendo “I missili libici hanno una gittata di 300 km, non arrivano neanche a Lampedusa".
Questa mattina si conosce finalmente il numero di Tomahawk (missili da crociera subsonici) lanciati dalle navi statunitensi e dai sottomarini britannici: sono 110.
Gli obiettivi dei missili Cruise sono le postazioni di difesa aerea, in particolare quelle intorno a Tripoli e Misurata. Di oggi anche la notizia che 3 B-2 (bombardieri strategici in grado di arrivare direttamente dagli Stati Uniti con rifornimento in volo) hanno bombardato con circa 40 bombe un aeroporto libico. Intanto il ministero della Difesa britannico ha comunicato che anche la RAF ha lanciato missili Storm Shadow da alcuni Tornado GR4. Stamattina comunque giunge la notizia che i bombardamenti compiuti nella notte dalla coalizione internazionale contro gli obiettivi militari del colonnello Gheddafi sono stati sospesi a Tripoli e Bengasi. I residenti, che ieri erano fuggiti dalla città a causa dell'attacco delle forze fedeli a Gheddafi, stanno lentamente ritornando a casa."
Referendum costituzionale in Egitto- Ieri e oggi in Egitto si è tenuto un importante referendum costituzionale. Dopo le dimissioni di Mubarak del mese scorso, il governo è passato in mano all'esercito che aveva il compito di garantire la transizione verso una democrazia. Sono stati nominati dei giuristi con il compito di modificare la costituzione e si è votato l'approvazione o meno, con la vittoria al 77% del sì.
SI. Con l'approvazione delle modifiche si andranno ad eleggere i vari membri del parlamento e, in un secondo momento, il nuovo presidente. Questa scelta è stata appoggiata dai "fratelli musulmani" e dagli ex del partito di Mubarak.
NO. Nel caso le modifiche non fossero state approvate si sarebbe proceduto con la stesura di una costituzione nuova di zecca. Questa scelta era appoggiata dal fronte più rivoluzionario, il quale spingeva per un rinnovo totale dello stato, in quanto volevano segnare il distacco dal regime e restare un faro per tutti gli stati del mondo arabo.
Uno studio dell'Università di Ferrara sostiene che un terremoto di 7 gradi della scala richter nel centro Italia provocherebbe tra i 5mila e gli 11mila morti, in Giappone 50 (è giusto così, senza "mila"). Uno poco più violento (7,5) in Calabria causerebbe tra le 15mila e le 32mila vittime, in Giappone 400. Un terremoto come quello di qualche giorno fa (magnitudo 8,9, trentamila volte più intenso di quello che ha colpito L'Aquila qualche anno fa) avrebbe certamente raso al suolo Roma e buona parte del Lazio, provocando morti nell'ordine delle centinaia di migliaia, forse milioni. Il Giappone ha iniziato a fare la conta dei morti dopo il disastro: per ora si parla di "soli" 10000 morti (bilancio purtroppo destinato a salire), la quasi totalità dovuta più allo tsunami che al sisma in sè, quindi un evento contro il quale si poteva fare poco. Insomma, poteva andare molto peggio. Solo fortuna? Come sempre, ovviamente, no. Non si può infatti ripiegare sulla fortuna quando si è di fronte ad un grattacielo giapponese costruito con le piu moderne tecniche antisismiche, in grado persino di degradare il terremoto de L'aquila come una notizia indegna di apparire su un giornale. La loro non è magia ma pura tecnologia: cuscinetti antisismici disposti alla base degli edifici, acciai molto più elastici del normale, fibra di carbonio che avvolge i pilastri e li rende più resistenti alle fratture e apparecchi detti "dissipatori" che assomigliano agli ammortizzatori di un auto e vengono disposti tra un piano e l'altro degli edifici più a rischio. Ma allora perchè, anche strutture strategicamente importanti (in special modo nei periodi di crisi), come l'ospedale de L'aquila, in Italia vengono giù come se fossero di cartapesta? Semplicemente perchè, rispettando le norme antisismiche, costruire un edificio nuovo fa lievitare la fattura del 3-5 per cento. Una sicurezza che l'Italia non si potrebbe permettere, direbbe qualcuno.
(In)Sicurezza radioattiva
Nell’incubo che il Giappone sta vivendo, si sta delineando lo scenario peggiore: la fusione del combustibile del reattore nucleare numero due della centrale di Fukushima-Daiikichi.L’evento ormai non è escluso nemmeno dalla Tepco, la compagnia che gestisce l’impianto, secondo la quale una fusione potrebbe essere stata causata dal mancato funzionamento della stazione di pompaggio dell'acqua che permette di mantenere immerse le barre di combustibile. In questo mometo infatti, l’acqua agisce sia da moderatore per la reazione di fissione nucleare sia da liquido refrigerante per il nocciolo del reattore, cioè la struttura cilindrica dove sono collocate le barre di combustibile. Se non si fosse più in grado di controllare il processo di fusione (fisica non nucleare, come quello che avviene nelle stelle), il combustibile radioattivo inizierebbe a liquefarsi a migliaia di gradi, provocando una rottura della struttura di contenimento (in caso di fusione completa) e diffondendo prodotti radioattivi. Eppure, si sente spesso affermare, anche da molti nostri politici, che le centrali nucleari sono ormai super sicure per via dei continui e rigorosi controlli che si effettuano. Controlli che, paradossalmente, non vengono verificati. La Tepco infatti, nel 2002 e nel 2006 fu beccata per aver falsificato dati e decine di resoconti per oltre 20 anni, riguardanti le disposizioni di sicurezza e la temperatura dell'acqua di raffreddamento. Sappiamo bene tutti che "sicurezza" e "controlli" non sono due parole che si sposano alla perfezione con "Italia", ancora di più se inserite in un ipotetico contesto nucleare.
Dopo settimane di violenti scontri tra ribelli e fedeli di Gheddafi (in gran parte mercenari) per tutto il territorio libico, pare che oggi si sia giunti ad una svolta: il raìs ha offerto le sue dimissioni in cambio di un salvacondotto, ovvero la possibilità di fuggire all'estero senza essere processato. Già, perchè, nel caso della Libia, il dittatore ha deciso di macchiarsi di sangue prima di affrontare l'inevitabile fine del proprio regno. Stime non ancora definitive parlano di circa 10.000 morti, molte delle quali durante vergognosi bombardamenti aerei sulla folla civile inerme che si era riunita in piazza.
Nel nostro paese la crisi libica si è misurata prima in politica, a causa della stretta relazione fra Berlusconi e Gheddafi (un video in cui il nostro presidente si china a baciare la mano del raìs ha fatto il giro del mondo), e subito dopo nelle tasche dei cittadini: un'impennata del prezzo della benzina mai vista prima (circa 2 cent/l, fino a 1,536 per la verde), con conseguenze che potrebbero gravare sul bilancio familiare per più di 1000 euro all'anno.
Ma quanto può pesare la crisi di un paese come la Libia sul prezzo del petrolio? E' proprio inevitabile questo aumento dei prezzi?
La Libia- E' il 17° produttore di greggio del mondo, il terzo nel continente africano, nonostante possieda le riserve più estese. In condizioni di normalità la Libia produce 1,6 milioni di barili al giorno di Light crude (una delle migliori varietà di petrolio), che equivale a circa il 2% della produzione mondiale giornaliera. Dalla produzione bisogna scalare 270.000 barili, che vengono utilizzati per i bisogni libici. Il resto è esportato per l'85% in Europa. I maggiori acquirenti sono l'Italia (32%), Germania (14%), Cina e Francia (10%) e Stati Uniti (5%). Ne consegue che il paese più penalizzato dalla crisi è il nostro.
I'80% dei giacimenti è situato nel bacino della Sirte (attualmente in mano a Gheddafi), mentre altre zone chiave sono i bacini di Ghadames e Cirenaica.
Le compagnie che operano in Libia sono principalmente la NOC (compagnia statale libica, nonché la più importante), BP, Eni, Repsol e Conoco Phillips.
Produzione attuale- Al momento è impossibile stabilire con certezza quanti barili si producano al giorno nel territorio libico. Si fanno ipotesi tra i 100.000 e 1,2 milioni, con l'Eni che fa' una prudente media intorno ai 600.000.
Certo è che ogni giorno il paese esporta 1 milione di barili, il che comunque non è indicativo della produzione, in quanto si tratta in gran parte di barili in stoccaggio nei porti da tempo.
Il prezzo della benzina- Il prezzo di un litro di benzina è determinato da più componenti:
- Il prezzo internazionale del carburante, detto Platts, su cui lo stato non può agire, in quanto è il costo della materia prima deciso sul mercato internazionale, in base alla vecchia legge della domanda e dell'offerta. Vale un 35% della torta.
- Il margine lordo dell'industria petrolifera. Determina il 10% del prezzo.
- Le tasse (accise e IVA). Quest'ultima voce ha un peso determinante nel prezzo del carburante, costituendo il 55% del prezzo effettivo alla pompa. Qui invece lo stato potrebbe intervenire agevolando l'acquisto della benzina con un taglio delle accise (l'IVA è sempre fissa al 20%), cosa che avviene molto raramente, visti i grandi introiti.
Inoltre, secondo uno studio pubblicato da Nomisma Energia, c'è più di 1 cent/l nel prezzo alle pompe che non si capisce da dove esca.
Il 28 febbraio 2011, il Platts valeva 53,08 centesimi al litro; il margine medio lordo dell'industria petrolifera 15,05, le accise 56,4 e l'Iva 24,9 cent. Il che significa un prezzo ottimale di 149,43 centesimi per un litro di verde. Un valore inferiore a quello medio effettivo (150,8) rilevato dal Ministero per lo sviluppo economico.
In Libia le rivolte continuano tra i ribelli e i fedeli di Gheddafi. Ieri per fare un esempio la città di Zawiyah che era da giorni nelle mani dei ribelli, è stata circondata e poi attaccata dall'esercito del governo fino a riprendersela (centinaia di vittime civili), e così la guerra continua città per città.
Non tutto è male, perchè qualcosa da raccontare c'è: per molte città collocate nella parte est della Libia, su tutte Bengasi, è cominciata una nuova epoca. Il regime è stato sconfitto e cacciato, e così la vita ricomincia, seguendo ritmi e scadenze diversi.
Si pensa a difendersi - visto che Gheddafi non sembra avere intenzione di mollare - ma si pensa come organizzare la distribuzione del cibo, alle cure per i feriti, a mettere in piedi altri cortei e al sostegno dei ribelli di altre città.
Perchè ogni passo avanti rende più difficile il ritorno indietro.
Difendere lettori o editori?
Mercoledì scorso il Senato ha approvato quasi all'unanimità un disegno di legge sulla "Nuova disciplina del prezzo dei libri", promosso da un senatore del PD. La legge stabilisce che non si possano applicare ai libri sconti superiori al 15 percento del loro prezzo. Solamente in occasioni di speciali campagne promozionali che durano poco tempo, gli sconti possono arrivare al 20 percento. La legge arriverà alla Camera nelle prossime settimane.
Non tutto è male, perchè qualcosa da raccontare c'è: per molte città collocate nella parte est della Libia, su tutte Bengasi, è cominciata una nuova epoca. Il regime è stato sconfitto e cacciato, e così la vita ricomincia, seguendo ritmi e scadenze diversi.
Si pensa a difendersi - visto che Gheddafi non sembra avere intenzione di mollare - ma si pensa come organizzare la distribuzione del cibo, alle cure per i feriti, a mettere in piedi altri cortei e al sostegno dei ribelli di altre città.
Perchè ogni passo avanti rende più difficile il ritorno indietro.
Difendere lettori o editori?
Mercoledì scorso il Senato ha approvato quasi all'unanimità un disegno di legge sulla "Nuova disciplina del prezzo dei libri", promosso da un senatore del PD. La legge stabilisce che non si possano applicare ai libri sconti superiori al 15 percento del loro prezzo. Solamente in occasioni di speciali campagne promozionali che durano poco tempo, gli sconti possono arrivare al 20 percento. La legge arriverà alla Camera nelle prossime settimane.
Il disegno è stato presentato perchè "il libri, sarebbero minacciati dall'arrivo dei grandi ipermercati e dalla vendita online, perchè vedremo scomparire una parte qualitativa della cultura italiana, la cultura migliore del mondo".
DISEGNO DI LEGGE - All'inizio di questo articolo si è parlato di Disegno di legge: cos'è? Ne sentiamo parlare al telegiornale spesso come "DDL", ma è semplicemente una proposta di una legge che viene presentata al Senato o alla Camera.
Può essere presentata dal governo, da un parlamentare qualsiasi o da cinquantamila cittadini.
Può essere presentata dal governo, da un parlamentare qualsiasi o da cinquantamila cittadini.
Lasciando a voi le considerazioni sui vantaggi o meno che questa norma possa portare a chi i libri li compra e legge, una cosa risulta chiarissima: questa norma avvantaggia chi li vende.
Non si discutono le situazioni precarie di molte librerie e case editrici, ma una norma del genere non aiuta la concorrenza e l'innovazione, seguendo le nuove tendenze (vendita online, ..).
Testamento biologico
Si parla del tenere in vita una persona che senza l'aiuto delle macchine non ce la farebbe.
E' stata proposta due anni fa una legge che lo regolamentava; è stata proposta in senato, quindi approvata ed ora passata alla Camera e tra poco verrà discussa.
In breve il medico potrà anche non tenere conto della volontà del paziente mentre la nutrizione e l'idratazione artificiale non potranno più essere rifiutate dai parenti.
A metà marzo se ne riparla alla Camera.
In questi giorni si è innescata una nuova polemica sul tema delle energie rinnovabili, in special modo riguardo a fotovoltaico ed eolico. Sarebbero infatti loro le “vittime” del decreto legislativo che sarà votato entro giovedì prossimo.
Il provvedimento contiene almeno tre punti “killer”:
1) Stop agli incentivi previsti dal conto energia per il fotovoltaico una volta raggiunto l'obiettivo degli 8mila MW installati. Una potenza a suo tempo ipotizzata per il 2020, ma che secondo i dati del Gestore dei servizi energetici (GSE) verrà raggiunta in realtà nel giro dei prossimi mesi. Facile capire che gli effetti sul settore sarebbero catastrofici.
2) Taglio retroattivo (penalizzerebbe anche chi ha già tirato fuori i soldi) del 30% per gli incentivi per l'eolico. Anche in questo caso il messaggio sarebbe fin troppo chiaro: meglio stare alla larga dagli investimenti nelle rinnovabili.
3) Introduzione di aste al ribasso per gli impianti oltre i 5 megawatt.
Se così fosse,120 mila persone che lavorano, direttamente o indirettamente nel settore eolico e fotovoltaico, perderebbero il posto. Un numero di lavoratori più di 20 volte superiore ai dipendenti Fiat di Mirafiori.
Il governo sembra intenzionato ad andare avanti per ragioni di cassa, come ha precisato il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, dichiarando: "Dal 2000 al 2010 i cittadini hanno pagato in bolletta 20 miliardi per aggiungere un 4 per cento di energia rinnovabile". A ribattere sulla questione economica è stato poi finalmente proprio il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ricordando a Romani che "la bolletta energetica degli italiani non è più elevata che altrove per gli incentivi alle rinnovabili. Gli incentivi per il solare - ha sottolineato - pesano sulla bolletta meno che il Cip 6 ed il decomissioning nucleare. Ovviamente non sono mancate le proteste, che hanno eluso le previsioni del ministro Romani, il quale si è visto fronteggiato da ecologisti, sindacati, confederazione dell'artigianato, e da associazioni di piccole e medie imprese.
Le parole del Premier sulla scuola pubblica italiana che infonde valori contrari al sentire della famiglia, hanno scatenato una generale ondata di protesta che nemmeno Berlusconi probabilmente si aspettava. La Rete degli Studenti e l'Unione degli Universitari annunciano la mobilitazione per il 12 marzo, in coincidenza con la manifestazione a difesa della Costituzione promossa da Articolo 21. Nel frattempo, con un passaparola spontaneo tra i docenti e gli studenti, in molte città intere scuole, singole classi, hanno osservato un minuto di silenzio in segno di lutto. Il tam tam ha avuto grande ed immediata diffusione da nord a sud, e le città di Milano, Genova, Mestre (Venezia), Bologna, Treviso, Padova, Roma, Bari, Firenze e Palermo hanno fatto sentire la proprio voce a sostegno della scuola pubblica.
La missione di Riccardo Signorelli, trentaduenne bergamasco laureato in ingegneria elettrica al Politecnico di Milano, è fare concorrenza alla benzina migliorando la performance delle batterie. In tredici anni di studi a partire dalla laurea, ha messo a punto un primo prototipo che usa minuscole strutture di nanotubi al carbonio per immagazzinare energia. Le pareti di questi tubi hanno uno spessore di appena 12 atomi e crescono come fili d’erba, alloggiando nei minuscoli interstizi particelle cariche di energia. In questo modo, si possono immagazzinare moltissime particelle cariche in un piccolo spazio, con strutture leggere, e siccome la connessione è fisica, non chimica, le particelle cariche possono staccarsi e attaccarsi quasi istantaneamente. Ora il suo «ultracondensatore» ha ricevuto 5,3 milioni di dollari dal governo americano e altri 2 da investitori privati, per finanziarne lo sviluppo e l’industrializzazione nel giro di due anni. L’obiettivo di Signorelli è arrivare alla dimensione di una batteria da torcia, capace di contenere meno energia di una batteria elettrochimica, ma in grado di caricarsi e scaricarsi in due secondi. Aggregato alla batteria di un veicolo, il suo ultracondensatore si attiverebbe per l’avviamento, le accelerazioni e decelerazioni rapide, allungando la vita della batteria e riducendo dimensioni e costi.
Da giorni le pagine dei giornali, sono invase dall’ennesimo “scandalo” politico descritto con l’ennesima parola che termina in -poli, come Tangentopoli, Vallettopoli, Bancopoli, Calciopoli, Parentopoli, eccetera eccetera. Stavolta è “Affittopoli”, mentre Il tema è sempre quello di affitti a prezzi molto favorevoli offerti a personaggi tutt’altro che bisognosi, spesso orbitanti intorno alla politica locale.
Tornare in Honduras, oggi, significa riconoscere che nel Paese c'è democrazia, e tranquillizzare al contempo i cittadini italiani, che potranno considerare nuovamente le spiagge e le isole di Honduras tra i 'paradisi tropicali' da raggiungere per godersi le meritate vacanze.
Magnolia, e Rai si rendono così complici di un regime. Il nuovo presidente della Repubblica, Porfirio “Pepe” Lobo, è stato eletto illegittimamente nel corso di un turno elettorale segnato dai brogli, e oggi sta continuando il lavoro avviato dalla giunta militare, annichilendo con la forza e con le armi l'opposizione interna, uccidendo ed incarcerando leader delle organizzazioni indigene.
Di cosa si tratta A Milano il Comune, il Policlinico e il Pio Albergo Trivulzio (ex ospizio per anziani, ora azienda gestore di immobili) possiedono un patrimonio di 3700 case, negozi, locali gestiti in modo poco trasparente. Quattro stanze vista Duomo a 450 euro al mese, quando sul mercato con 450 euro si affitta, forse, un monolocale sgangherato fuori città. Non solo: poca chiarezza nei criteri per l’assegnazione di questi appartamenti e voci su bandi “riservati”.
A chi vanno le case Il Comune di Milano allora chiede al Trivulzio di portare la lista con i nomi dei coinquilini. L'elenco viene così reso pubblico - qua si può scaricare il pdf - e in mezzo c'è di tutto: Daniele Cordero di Montezemolo, stilista e fratello del più celebre Luca, la giornalista di Mediaset Claudia Peroni, la compagna di Aldo Brancher, il direttore generale del Milan Ariedo Braida, l’attrice Gaia Amaral, Carla Fracci.
Negli ultimi giorni sia la procura di Milano che la Corte dei Conti hanno aperto delle inchieste per verificare la gestione del patrimonio immobiliare da parte del Pio Albergo Trivulzio.
L'isola alle Honduras
Da lunedì 14 febbraio le isole dei Cayos Cochinos, al largo della costa del Paese centroamericano, sono tornate ad ospitare “l'Isola dei famosi”. Lo scorso anno il circo del reality show, prodotto da Magnolia e trasmesso da Rai2, si era dovuto spostare in Nicaragua per cause di forza maggiore: il colpo di Stato che il 28 giugno 2009 aveva deposto ed espulso il presidente costituzionalmente eletto Manuel Zelaya.
Tornare in Honduras, oggi, significa riconoscere che nel Paese c'è democrazia, e tranquillizzare al contempo i cittadini italiani, che potranno considerare nuovamente le spiagge e le isole di Honduras tra i 'paradisi tropicali' da raggiungere per godersi le meritate vacanze.
Magnolia, e Rai si rendono così complici di un regime. Il nuovo presidente della Repubblica, Porfirio “Pepe” Lobo, è stato eletto illegittimamente nel corso di un turno elettorale segnato dai brogli, e oggi sta continuando il lavoro avviato dalla giunta militare, annichilendo con la forza e con le armi l'opposizione interna, uccidendo ed incarcerando leader delle organizzazioni indigene.
Facciamo il punto sulle rivolte in atto nel mondo arabo, ora più che mai vicino ad una metamorfosi completa. Infatti non si può più parlare solo di Tunisia ed Egitto, ora dobbiamo aggiungere Libia, Iran, Bahrein, Algeria, Yemen e Marocco
Tunisia- Entro sei mesi il governo provvisorio guidato da Mohamed Ghannouchi dovrebbe portare il paese alle urne. Al momento il governo provvisorio si preoccupa principalmente di far ripartire l'economia ed ha formato 3 commissioni speciali: una per organizzare le elezioni, una per combattere la corruzione e una per recuperare i beni trafugati durante la rivolta.
Egitto- Dopo le tanto acclamate dimissioni di Mubarak ora è l'esercito a guidare il paese. La situazione perciò non è affatto tranquilla. Da una parte l'esercito ha garantito il suo ruolo da traghettatore verso elezioni rapide e democratiche, ma non sarebbe la prima volta che accade se, al momento cruciale, i veritici militari non abbandonassero i palazzi del potere, effettuando di fatto un golpe militare.
Muammar Gheddafi |
Libia- La situazione del paese guidato dal dittatore Muammar Gheddafi è quella che ci riguarda anche da più vicino. Da una parte la situazione è calda in territorio libico, con degli scontri avvenuti due notti fa fra polizia e militanti dell'opposizione, con un bilancio fra i 9 e i 13 morti. Dall'altra la situazione diplomatica con l'Italia è tesa, poichè la polizia libica non ha rispettato gli accordi per il controllo della migrazione, causando l'arrivo nei giorni scorsi a Lampedusa migliaia di profughi provenienti dalla Tunisia e un'emergenza umanitaria ancora in fase acuta. I fatti sono stati chiariti dai servizi segreti italiani: la Libia ha aperto volontariamente le proprie frontiere con la Tunisia per consentire la fuga di centinaia di oppositori politici di Gheddafi, precauzione per impedire che la situazione possa degenerare anche nel proprio paese. Mossa che però non potrebbe bastare: gli oppositori si sono accordati su internet e hanno fissato per oggi la "giornata della collera".
Iran- Lunedì si sono verificate le prima manifestazioni non autorizzate (e quindi anche i primi scontri) contro il presidente Ahmadinejad, regime che tiene in ansia mezzo mondo vista la dichiarata ostilità nei confronti del vicino Israele. I manifestanti sono stati dispersi dalla polizia non prima di aver lasciato un morto per strada. Intanto, in parlamento le forze di governo hanno inscenato una controprotesta-farsa per accusare l'opposizione "verde" degli scontri avvenuti. Il loro leader Moussavi, lunedì costretto a casa dalla polizia, è sempre più preoccupato dalle dichiarazioni del presidente e dell'ayatollah khomeini in cui si promette una "rapida soppressione dell'opposizione"
Bahrein- E' il Regno-sorpresa che ha riempito i giornali nelle ultime ore, quello che non ti aspetti. Nella giornata di ieri migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per protestare contro il sistema di governo antiquato dello stato: una monarchia costituzionale dove una delle due camere è scelta addirittura totalmente dal re. In mattinata la polizia ha fatto irruzione nella piazza principale della capitale Manama e ha disperso i manifestanti. Anche qui 4 morti, forse di più visto che ci sono diversi feriti molto gravi.
Algeria- Sabato gli occhi saranno puntati tutti su Algeri, dove è prevista una manifestazione non autorizzata organizzata dal "Collettivo per la democrazia e il cambiamento". Le autorità faranno confluire 25mila agenti, di cui la metà in assetto anti-sommossa, per tenere sotto controllo la situazione.
Yemen- Continuano da settimane le manifestazioni nella capitale Sana'a, dove si chiedono le dimissioni di Abdullah Saleh, al potere dal 1978. Saleh è stato prima presidente dello Yemen del nord e poi presidente della Repubblica. Le proteste continuano, nonostante abbia annunciato di lasciare il potere nel 2013. Martedì scorso hanno manifestato circa duemila persone nella capitale, con dieci arresti. La resa di Mubark è molto sentita, tanto che si sono visti molti cartelloni a favore della svolta egiziana.
In questi giorni di confusione nel mondo politico italiano Berlusconi ha citato più volte in difesa della sua carica il "volere degli elettori", in quanto "il popolo elettore è il titolare della sovranità politica". Una volta per tutte qualcuno dovrebbe spiegargli che non è così.
Innanzitutto l'Italia è una Repubblica parlamentare e come tale il popolo non è chiamato a scegliere il proprio primo ministro, bensi 630 deputati e 315 senatori, ovvero il parlamento.
Il mandato del primo ministro è perciò affidato dal presidente della Repubblica (una volta valutate le forze in parlamento) e non dal "popolo sovrano". Questo significa che morto un "papi" se ne può fare benissimo un altro, senza bisogno di rifare il conclave.
Il problema è che i cittadini sono chiamati ad eleggere i propri rappresentanti una volta ogni 5 anni (anche se nella seconda repubblica 3 sembra un traguardo dorato) e allora chi ha il compito di vegliare sull'operato di parlamento e governo? Scontato, anche se di questi tempi non sembrerebbe, è la magistratura.
Montesquieu |
Nel modello democratico, teorizzato da Montesquieu nel lontano 1748 e rimasto intatto fino ai giorni nostri (così pare), c'è una netta separazione dei tre poteri: legislativo al parlamento, esecutivo al governo e giudiziario alla magistratura.
La differenza tra esecutivo e legislativo, per quanto limpida, è una cosa che molte volte si fa fatica a digerire fin da quando la si studia a scuola e in effetti, con tutti i giochi di potere, la sottile linea di demarcazione tra l'uno e l'altro è un po' sbiadita, tant'è che sarebbe troppo facile parlare di un governo che influenza troppo il parlamento o che addirittura tenta di scavalcarlo nell'approvazione delle leggi. Ma non è il tema di oggi.
Poi c'è quel terzo potere il cui compito è chiaro fin dalla prima volta che lo leggi: Il potere giudiziario è quel potere che permette in via definitiva e autonoma di risolvere una controversia di natura civile, penale e amministrativa applicando la legge.
E se è vero ciò che si legge in tutte le aule di tribunale, ovvero "la legge è uguale per tutti", si arriva ben presto alla conclusione che anche coloro i quali rappresentano il potere legislativo ed esecutivo non sono in grado di sottrarsi al giudizio, qualora siano chiamati in causa.
Ecco allora che il cerchio si chiude: nello stato di diritto la magistratura ha il compito di controllare l'operato di coloro a cui il popolo ha affidato un mandato, un non-potere che controlla il potere.Per compiere il suo dovere al meglio deve essere assolutamente indipendente, sia dall'elettorato che dagli altri due poteri. Perciò quando sentiamo parlare di "magistrati fuori controllo" con tono accusatorio non dovremmo preoccuparci, bensì esserne contenti, perchè è così che deve essere.
Settimana intensa quest'ultima, ricca di molte novità tutte da raccontare; iniziamo subito con qualcuna:
Italia 150
"Noi ci sentiamo una minoranza austriaca e non siamo stati certo noi a scegliere di far parte dell'Italia. Anche per questo motivo non abbiamo grande interesse di parteciparvi."
La Provincia Autonoma di Bolzano non parteciperà così ai festeggiamenti per l'Unità d'Italia in programma il seguente mese; poteva sembrare una decisione scontata quella che ha istituito per il prossimo 17 marzo, e solo per quest’anno, una festa per celebrare i 150 anni dalla nascita dello Stato italiano. Invece, le critiche sollevate da più parti hanno mostrato che così, evidentemente, non è.
Gli industriali dicono "In un momento come questo, la festività non sarebbe il massimo per le aziende e la loro crescita"; il ministro Calderoli (Lega Nord) non vorrebbe che si chiudessero gli uffici pubblici in questo momento di crisi, Napolitano così li definisce "disordini inammissibili" e invita a rispettare il tricolore, mentre il presidente della provincia di Bolzano Luis Durnvalden conferma "Se gli italiani vorranno parteciparvi lo potranno fare, noi di certo non ci opporremo". Frasi sicuramente pacifiche, ma che fanno un certo effetto.
Sudan, secessione ok
Sono usciti oggi i dati ufficiali del referendum che si è tenuto nel sud Sudan, di cui avevamo parlato qualche post fa, e parlano chiarissimo: il 99,5% della popolazione è favorevole alla secessione. Il risultato sarà formalizzato nei prossimi giorni, mentre il 9 luglio ci sarà la proclamazione del nuovo stato.
Italia 150
"Noi ci sentiamo una minoranza austriaca e non siamo stati certo noi a scegliere di far parte dell'Italia. Anche per questo motivo non abbiamo grande interesse di parteciparvi."
La Provincia Autonoma di Bolzano non parteciperà così ai festeggiamenti per l'Unità d'Italia in programma il seguente mese; poteva sembrare una decisione scontata quella che ha istituito per il prossimo 17 marzo, e solo per quest’anno, una festa per celebrare i 150 anni dalla nascita dello Stato italiano. Invece, le critiche sollevate da più parti hanno mostrato che così, evidentemente, non è.
Gli industriali dicono "In un momento come questo, la festività non sarebbe il massimo per le aziende e la loro crescita"; il ministro Calderoli (Lega Nord) non vorrebbe che si chiudessero gli uffici pubblici in questo momento di crisi, Napolitano così li definisce "disordini inammissibili" e invita a rispettare il tricolore, mentre il presidente della provincia di Bolzano Luis Durnvalden conferma "Se gli italiani vorranno parteciparvi lo potranno fare, noi di certo non ci opporremo". Frasi sicuramente pacifiche, ma che fanno un certo effetto.
USA: no more streaming Gli Stati Uniti chiudono i siti di sport in streaming, cioè siti che riuniscono tutti i link dove poter vedere i nostri eventi preferiti gratis on line. Vediamo di spiegare meglio:
I diritti per la trasmissione di immagini di ogni evento sportivo, siano le Olimpiadi, campionati di calcio, NBA o baseball sono venduti dalle federazioni ai canali televisivi, che se li contendono per fior fiori di quattrini. Molti di questi vengono quindi trasmessi a pagamento (Sky, Mediaset Premium, Dahila..) Su internet ci sono però siti che li trasmettono gratis, magari in una lingua asiatica, e con immagini di bassa qualità, ma gratis. E' ormai una battaglia legale che dura e durerà ancora per molto tempo, con esiti parziali diversi: in Spagna ad esempio hanno vinto i vari processi ai quali erano stati sottoposti.
Sudan, secessione ok
Sono usciti oggi i dati ufficiali del referendum che si è tenuto nel sud Sudan, di cui avevamo parlato qualche post fa, e parlano chiarissimo: il 99,5% della popolazione è favorevole alla secessione. Il risultato sarà formalizzato nei prossimi giorni, mentre il 9 luglio ci sarà la proclamazione del nuovo stato.
La tensione si sentiva da tempo e in queste settimane è sfociata in quello che, non si deve aver paura di dire, potrebbe diventare il più grande sollevamento del mondo arabo di sempre, capace di cambiare il corso della storia in Nord Africa, con possibili ripercussioni sul Medio Oriente.
Infatti dopo la rivolta tunisina, che ha costretto alla fuga Ben Alì, è adesso l'ora dell'Egitto, il quale non è un paese qualsiasi nel panorama internazionale. E' lì bello incastonato fra l'Africa e il Medio Oriente, è un po' l'una e un po' l'altro, il che lo fa diventare un punto di riferimento sia per gli uni che per gli altri.
Cronaca- I disordini, iniziati ormai un paio di giorni or sono, sono diffusi in tutti i centri nevralgici del paese, anche se la sede principale, ovviamente, è la capitale, Il Cairo. Dapprima a contrastare i manifestanti c'era la polizia in assetto antisommossa, ma col passare delle ore il governo ha deciso di ritirarla per mettere in campo l'esercito.
Questa scelta può solo significare che la situazione sta per sfuggire di mano, cosa che puntualmente è avvenuta: il bilancio per ora è di circa 100 morti, di cui alcuni poliziotti e due bambini.
Nel frattempo il presidente Mubarak (al potere da ormai 30 anni) annuncia lo scioglimento del governo ma non le sue dimissioni. La piazza risponde che non basta, vogliono la testa del presidente, il palazzo del partito brucia dalla serata di ieri e gli scontri continuano.
Rivolte e social network- Tutto ciò che è avvenuto era da giorni annunciato nel mondo digitale, dove i giovani si sono messi in contatto e si sono dati appuntamento in piazza. Con i casi tunisino ed egiziano potrebbe aprirsi una nuova era come modello di "politica dal basso": i giovani prima seminano le loro idee in rete per poi vedere germogliare i frutti in piazza. Internet non solo è in grado di semplificarci la vita quotidiana, è pure un potentissimo catalizzatore di rivolte, in grado di convogliare il malumore di qualche singolo in malcontento generale.
In Cina se ne sono accorti per tempo e hanno da tempo limitato l'accesso a facebook e twitter, provvedimento che è stato preso tardivamente in Egitto e Tunisia.
Hosni Mubarak |
Esercito- L'esercito, appena chiamato in causa, potrebbe giocare un ruolo chiave nella vicenda. Infatti l'esercito in Tunisia è stato la condanna di Ben Alì, in quanto anzichè fermare i manifestanti si è messo a parlare e alla fine si è unito a loro per combattere contro la polizia. Il problema è che Ben Alì era proprio un ex-poliziotto e quindi godeva dell'appoggio ormai solo delle forze dell'ordine. Mubarak invece è proprio un ex-comandante dell'esercito e l'ipotesi che goda ancora dell'appoggio dei commilitoni è più che fondata. Perciò l'esercito, che finora è sceso in strada in maniera piuttosto neutrale e acclamato dalla gente, non potrebbe essere la soluzione in favore dei manifestanti.
I personaggi- Hosni Mubarak governa indiscusso dal 1981 grazie ad un decreto di "stato d'emergenza" (decisamente lungo) con il beneplacito delle democrazie occidentali, Stati Uniti e Israele in primis, in quanto contrastatore del fanatismo musulmano contro Gerusalemme.
Nonostante ciò nuove carte di Wikileaks affermano che la protesta è in realtà orchestrata da Washington fin dal lontano 2008, al fine di un cambio di regime entro il 2011. Quindi niente democrazia all'orizzonte, o almeno così dice la grande multinazionale della libertà.
Mohamed El Baradei |
Mohamed El Baradei, premio Nobel per la pace nel 2005 e capo dell'opposizione egiziana, che era da anni in esilio volontario a Vienna, ha deciso di rientrare in patria non appena saputo dei disordini. In passato è stato ambasciatore ONU per l'Egitto e capo dell'agenzia internazionale per l'energia atomica, e proprio questa sua posizione ha reso la sua candidatura a traghettare l'Egitto fuori dall'era Mubarak un'ipotesi credibile. El Baradei da un lato pare in grado di rassicurare le democrazie occidentali e dall'altro gode della grande fiducia di tutto il movimento musulmano moderato.
Timori e ideologie- La più grande paura di mezzo mondo è che il potere finisca in mano ad un personaggio simpatizzante dell'estremismo islamico, il che significherebbe un alleato non di poco conto per l'Iran e la riapertura del fronte egiziano nella guerra contro Israele. Il caos nel caos del Medio Oriente insomma. Perciò, nonostante i tanti proclami in favore di libertà e democrazia, l'Europa si augura che Mubarak riesca a superare il momento difficile e avviare delle riforme condivise nel paese. In poche parole il dittatore amico piace.
Nonostante ciò gli intellettuali egiziani tengono a rivendicare la tradizione parlamentare del loro stato, anche se da sempre l'ideologia è fortemente condizionata dalla legge islamica. Infatti è bene ricordare che l'Egitto è "dotato" di un parlamento da ben 4 anni prima dell'Italia.
Ieri era venerdì, giorno di preghiera islamico, ma non per questo si sono fermate le proteste. Ai cori contro Mubarak si sono alternati i cori per Allah.
Dopo l'insurrezione tunisina sembra che l'ondata di rivolte sia arrivata in Europa, più precisamente a Tirana, Albania.
Qualche giorno fa si sono verificati degli scontri durante una manifestazione organizzata dal leader dell'opposizione Rama, il cui bilancio è di tre civili morti.
Rama al funerale delle vittime |
La particolarità che rende ancora più grave l'accaduto è che ad aprire il fuoco contro i manifestanti sono stati dei soldati, con tanto di video che fa il giro del mondo. La procura di Tirana ha emesso sei mandati di arresto nei confronti dei responsabili, ma non si sa se questi siano stati messi in atto o meno.
Nel frattempo le tv pro-governo non mostrano il video degli scontri ma solo arresti di manifestanti e un civile con una pistola nella cintura e il capo dello stato Berisha accusa apertamente Rama, dichiarando che se tornerà in piazza venerdì, come programmato, "avrà una punizione esemplare, quello che merita ogni bandito".
La tensione in Albania era in costante crescere dal 2009, anno delle elezioni in cui trionfò Berisha ma sulle quali non fu mai fatta chiarezza dalle accuse di brogli.
Referendum Sud Sudan- Sono arrivate le prime proiezioni sul referendum che si è svolto nel Sud Sudan. Dai risultati preliminari pare che in 7 delle 10 regioni in cui è diviso il paese abbia trionfato il sì, con un risultato medio vicino al 90%. Addirittura a Juba, probabile futura capitale, si registra il massimo, con il 97,5% dei consensi.
Totò Cuffaro |
In Rai per una notte- E' una vera bomba contro la libera informazione la proposta di un commissario della vigilanza Rai del pdl: nel corso della settimana la rai potrà parlare solo una volta di un determinato argomento. Più facile con un esempio: se Porta a porta (in onda il lunedì, notoriamente vicino al governo) parla del caso Ruby, questo argomento non potrà mai essere affrontato per il resto della settimana dagli altri talk show politici rai, sia Ballarò (martedì) che Annozero (giovedì, più ostile al governo).
Paese che vai, leghista che trovi- Ghedi (BS)- La giunta comunale ha deciso che gli alloggi popolari potranno essere assegnati solo a cittadini italiani, stranieri astenersi, sia comunitari che extracomunitari. Il provvedimento, proposto e sostenuto dal sindaco leghista, Lorenzo Borzi, è stato denunciato alla Cgil di brescia dall'Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del ministero delle Pari opportunità.
Montebello Vicentino (VI)- Quasi un terno al lotto, anzi, molto più di un terno al lotto. E' quello che penseremmo se fossimo ingenui o creduloni della storia del senatore Alberto Filippi.
Il presidente del Veneto, Luca Zaia |
Il nostro amico anni fa ha comprato anni fa un terreno non edificabile nel comune vicentino ad un modico prezzo. Oggi una mozione della regione Veneto ha reso edificabile proprio quel terreno, facendo così schizzare al rialzo le quotazioni di vendita. Il senatore Filippi veste la stessa casacca della giunta regionale, presieduta da Luca Zaia (Lega, Lega e Lega, se non si fosse capito).
Una cosa così palese che addirittura un assessore del pdl (Elena Donazzan) non se l'è sentita di votare, lasciando l'aula e aprendo un caso tra le fila della maggioranza. Secco il presidente Zaia sul dissenso dell'assessore: "in giunta non esistono obiettori di coscienza".
Mappa infografica con un bell'ingrandimento sulla Sicilia. |
Questa è una di quelle storie che sembrano scritte da uno sceneggiatore, uno di quelli scarsi: perché descrivono un territorio, una classe politica e una serie di decisioni, e le descrivono sempre nello stesso modo, come vogliono i luoghi comuni più banali.
Solo che c'è e va raccontata, e forse questo è uno dei casi in cui i luoghi comuni trovano qualche fondamento.
In poco più di un anno il governo di Raffaele Lombardo (presidente regione Sicilia) ha garantito a circa 80.000 persone per almeno 12 mesi un assegno pagato con fondi pubblici, il tutto per una spesa record di quasi 600 milioni di Euro.
Sono soldi quasi sicuramente a fondo perduto perchè non accompagnati da una serie di iniziative come corsi di formazione, stage ecc.. ma solamente viene indicato ad esempio:
5 milioni di euro per 1000 disoccupati che vogliono fare "esperienze" nel settore della pesca. Che vuol dire "fare esperienze" ?
Ivan lo bello (presidente confindustria) che con questo genere di investimenti "si gonfia la spesa pubblica senza ottenere nessun ritorno sul piano della crescita e dello sviluppo, non si creano posti di lavoro ma si aumenta il clientelismo". Altro argomento di cui si può parlare un sacco, il clientelismo indica la concessione di favori o privilegi in cambio di voti, referenze, raccomandazioni ecc..
Sono così le dimensioni enormi dell'investimento che fanno mal pensare sull'idea e sulla sua vera efficacia. Rilanciare l'economia e l'occupazione di una regione ci sta se fatto con una serie di investimenti mirati e giustificati, mentre interventi così generici e massicci rischiano solo di dare fondamento a vecchi luoghi comuni che rimangono in vita grazie anche a queste cose.
Ciò che si inizia lo si porta a termine, no?
Fra le notizie dal mondo di cui abbiamo parlato, ne abbiamo portate avanti un paio, raccontando di settimana in settimana cosa sta accadendo. Ecco gli ultimi aggiornamenti:
Tunisia Pochi giorni fa riportavamo di una rivolta popolare che ha fatto scappare il capo dello stato Ben Alì - al governo dall' 87 - e che il paese era stato affidato nelle mani del presidente della camera. Si pensava così ad un netto rinnovamento con la formazione del nuovo governo, ma invece è rimasto molto simile al vecchio esecutivo. Ecco che così tre ministri si sono già dimessi in 24 ore e migliaia di cittadini sono ri-scesi in piazza per protestare contro la partecipazione del partito di Ben Alì al nuovo governo di unità nazionale.
Laurent Gigagbo ride un sacco. |
Il "ministero dell'informazione" - strumento di controllo e censura che ha garantito il potere a Ben Alì per quasi 25 anni - assicurano che sarà abolito.
Costa d'avorio Vi ricordate quel presidente che ha perso le elezioni e ha deciso di comandare il paese lo stesso? Ne parlavamo qualche settimana fa, e in effetti fa anche sorridere, ma Laurent Gigagbo è sempre li e non ha nessuna intenzione di muoversi. Non sono servite a niente fin'ora le pressioni da parte di tutta la comunità internazionale, e le tensioni generate dai due presidenti stanno riportando violenze - 200 morti - che avvicinano l'ipotesi di una nuova guerra civile, in un paese che stava cercando piano piano di tornare ad essere democratico.
Alla fine è arrivata la tanto attesa sentenza: la Corte Costituzionale ha in parte bocciato la legge sul cosiddetto "legittimo impedimento", ovvero un provvedimento che, detto in maniera spiccia, avrebbe permesso a Berlusconi di evitare di essere coinvolto nei processi in atto contro di lui, in quanto "impedito" a difendersi, poichè ricopre una carica pubblica.
Ma siamo effettivamente sicuri che questa sentenza permetterà alla magistratura di formulare una sentenza nei processi su Berlusconi? Purtroppo, ovviamente, no.
Infatti la Corte Costituzionale non ha bocciato totalmente la legge, ma solo in parte, lasciando alla discrezione del giudice l'applicazione del legittimo impedimento. Se non venisse applicato? La stuola di avvocati di Berlusconi impiegherebbe poco tempo ad alzare un polverone di cartacce per chiedere che venga applicata la Legge Cirami sul legittimo sospetto, legge che permette di cambiare il giudice di un processo nel caso venisse riconosciuta una sua potenziale imparzialità nella sentenziare.
In pratica se un giudice comunista deciderà di non applicare il legittimo sospetto verrà subito chiesto un suo cambio.
Tutto questo ovviamente in attesa del paradiso degli imputati: la prescrizione.
Prescrizione che è sempre più incombente su quasi tutti i processi. Sì, perchè se il legittimo impedimento non ha impedito di bloccare i procedimenti, quantomeno li ha ritardati.
Nonostante ciò ce n'è uno che probabilmente verrà avviato a breve che non è riuscito ad indebolire. Infatti la procura di Milano pochi giorni fa ha recapitato un mandato di comparizione alla villa di Arcore e ora Berlusconi rischia seriamente di essere mandato in giudizio in tempi brevi nel caso Ruby, l'allora minorenne escort che era stata reclutata da Lele Mora ed Emilio Fede per uno di quello che all'estero chiamano "wild party" a casa del nostro Primo Ministro.
E dire che l'anno scorso in Inghilterra un ministro si era dimesso perchè aveva messo la carta igienica di casa sua nel conto spese del ministero...
Referendum Mirafiori- Ha vinto il "sì" nel referendum sul nuovo contratto di lavoro votato dai dipendenti dello stabilimento Fiat di Mirafiori, sede storica della ditta torinese.
I punti dell'accordo, che abbiamo spiegato nel post del 30 Dicembre, sono stati al centro di numerose discussioni, che non si sono placate neanche dopo il voto. Infatti il fronte del sì, che era accreditato di un'alta percentuale, ha prevalso solo col 54% dei voti, grazie soprattutto al voto degli impiegati, poichè tra gli operai della catena di montaggio il "no" era risultato superiore. Votare no era una scelta pericolosa, poichè Marchionne, in caso di vittoria di questo fronte, aveva assicurato la futura chiusura dello stabilimento, che conta circa 5000 lavoratori.
Insomma, votare sì era quasi dovuto se tenevi al posto di lavoro. Con il nuovo contratto di certo si riducono i diritti dei lavoratori, anche se d'altro canto Fiat ha promesso un oneroso investimento per aggiornare le tecnologie dello stabilimento, il quale assicurerebbe un futuro quantomeno certo a tutti i dipendenti.
Rivolta in Tunisia- Tutto era iniziato con una normale protesta contro il governo contro il caro prezzi ed perciò era stata chiamata "rivolta del pane", ma pare che dovranno cercare un nuovo nome più consono.
Nel corso dei giorni in Tunisia le proteste non sono affatto cessate, anzi, sono degenerate. I morti sono decine e il capo dello stato Ben Alì, che era al governo dal 1987, è stato costretto a fuggire dopo aver perso il controllo della situazione.
La Corte Costituzionale ha dichiarato decaduto Ben Alì e ha consegnato in maniera straordinaria i poteri al Presidente della Camera.
Ieri sono state prese d'assalto le carceri (centinaia di detenuti sono fuggiti e 42 sono morti in un incendio) mentre oggi è stato preso d'assalto il palazzo presidenziale, simbolo di quello che ormai era diventato un regime.
La Costituzione ora prevede le elezioni entro 60 giorni ma il timore è che sia alle porte un golpe militare, che potrebbe aprire le porte, come spesso capita in questi casi, ad una dittatura militare.